giovedì 30 novembre 2017

60 x 500, UN ANNIVERSARIO UNICO

Cosa rimarrà di questi anni '50? La profonda, irresponsabile, irripetibile vitalità di una generazione un po' tracagnotta, a dirla tutta, con addosso gli stenti della guerra ma una gran voglia anche di seppellirli sotto al futuro: in un Paese dove tutto era da ricostruire, spaccato tra i ritardi e le superstizioni ataviche del Mezzogiorno e l'effervescenza isterica del Settentrione, niente pareva precluso e (quasi) ogni traguardo si raggiungeva: scoccavano scintille di genialità. Come fu possibile racchiudere un mondo, un nuovo mondo, in una scatoletta a 4 ruote? Ma ci si riuscì: il 2 luglio del 1957 al circolo Sporting di Torino la Fiat presentava all'Italia e al pianeta la sua “Nuova 500”, per tutti “la 500” o anche “il Cinquino”. Fu il secondo prodigio del design industriale dopo la Vespa. Talmente accattivante da stregare tutti, anche se costava come 13 stipendi di un operaio, circa 500mila lire. Talmente essenziale da venire subito rimodellata alla ricerca della forma perfetta, originando sinfonie di variazioni: Giardinetta, Abarth, Lucertola, Sport, America...

Sessant'anni di 500: li hanno ricordati tutti, anche noi del CAMPE nell'ultima edizione di "Moda e Motori" lo scorso luglio, con due fantastici modelli usciti insieme in passerella. Le celebrazioni sono state tante, buona ultima l'emissione speciale di una moneta da 5 euro che sul lato “dritto” raffigura il primo modello Fiat 500, nato nel 1957, e la versione attualmente in commercio, con soluzioni stilistiche simili all’omonimo antenato. Sul rovescio una vettura Fiat 500 con le date 1957 e 2017, rispettivamente anno di produzione del primo modello e anno di emissione della moneta. Lo celebriamo anche noi sul blog, questo piccolo immenso annniversario che ha davvero cambiato la storia d'Italia e degli italiani.


Specifiche ed optional originali – parliamo appunto del 1957 - di questo ovetto ronzante fanno sorridere (ma non troppo): due sedili e una panchetta posteriore, lunga meno di 3 metri, pesa meno di mezza tonnellata, motore a 2 cilindri raffreddato ad aria, se “tirata” tocca la vertiginosa velocità di 85 km all'ora e fa quasi 25 chilometri con un litro di “normale”. Cambio a 4 marce non sincronizzate, ha il suo bravo tergicristallo ma senza ritorno automatico, i finestrini laterali sono fissi tranne due deflettori apribili a compasso (prediletti dai vandali), il riscaldamento usa l’aria di raffreddamento del motore. Capienza massima del posacenere: 2 mozziconi. Se uno vuole, può montare lo sbrinatore del parabrezza, le alette parasole e le gomme con fascia bianca, il massimo dello snob. Un prodigio dell'estetica e della tecnica da quel mostro di Dante Giacosa, che, segnando il passaggio di consegne con la “Topolino”, marcava anche il definitivo passaggio tra il Regime e la democrazia.
Il Cinquino non era una utilitaria, era una filosofia. Quella dei Fifties all'italiana, meno gioventù bruciata con la voglia di morire, più gioventù bruciante con la voglia di esistere. Si lavora, e il travaglio è frenetico, da formicaio anche duro, spietato, quello delle “Coree”, gli insediamenti produttivi nel nord del Paese, precari, crudeli, con troppe morti sul lavoro e scarse garanzie di sicurezza; la faccia buona della medaglia è quella di un entusiasmo straordinario, di una ritrovata voglia di sorridere, di affacciarsi al futuro, di “stare bene”. Eccolo qua il miracolo economico, che porta l'Italia del dopoguerra a diventare la terza potenza economica al mondo per la sua espansione prodigiosa. Il Paese dei “Ladri di biciclette” si trasformerà in quello del “Sorpasso” e della “Dolce Vita”, che tra le pieghe felliniane nascondeva la disperazione provinciale di Flaiano.

Italia formato esportazione: design, tecnologia, maggiorate: Lollobrigida, Loren, Mangano sono “marchi” famosi quanto Martini, Cinzano, Ferrari. Fiorivano i benefici effetti del Piano Marshall, i 1600 milioni di dollari piovuti dagli Stati Uniti (che si prenderanno gli interessi in sede politica) tra il 1948 e il 1951, ma c'era pure una generazione nuova di capitani d'industria e di manager formati nell'ambiente innovativo dell'Iri, creato dal regime fascista negli anni Trenta. Un ruolo importante lo giocheranno l'entrata dell'Italia nella Nato, formalmente nel 1952 dopo l'adesione del '48, e la fondazione della Comunità Economica Europea col trattato di Roma nel 1951; oggi, non c'è partito o movimento che non sia voluto entrare in Europa diffidandone quando non detestandola.
Si viaggiava, ci si spostava per tante ragioni e la 500 era il pezzettino di casa semovente che ci voleva. Milioni di meridionali strappavano le loro radici emigrando al nord, il cinema diventava il passatempo degli italiani insieme allo sport, ma ancor più esplodeva la televisione, inaugurata all'inzio del 1954: un'orgia di intrattenimento garbato, Musichiere, Lascia o Raddoppia, gli italiani vanno storditi. Ma pure educati: “Non è mai troppo tardi” insegna a leggere e soprattutto a parlare in un linguaggio uniforme a parecchi milioni di italiani senza altre possibilità. “Cari amici vicini e lontani...” saluta Nunzio Filogamo, ed è già Festival di Sanremo: la prima edizione, nel '51, la vince Nilla Piazzi con “Grazie dei fiori”, seguita da se stessa nel '52 con “Vola colomba”.
Il beat pare anni luce a venire. Il mitico “Carosello” è coetaneo proprio della 500. E' l'inizio di una modificazione nel costume e nella società che la stessa Chiesa tenta di arginare, senza troppo successo: la gente vuole vivere meglio, essere felici non pare più un'utopia ma un traguardo che si può, si deve raggiungere. Negli anni Cinquanta molti punti di riferimento s'incrinano, anche se pochi se ne accorgono; ma basterebbe spiare la moda. Lasciati alle spalle i sacrifici bellici, le strade si riempivano di gambe che spuntano da sotto le gonne a ruota, come quelle indossate da Sofia, Brigitte e Gina; spuntavano i bustini per il celebre “vitino di vespa”, e, come accessori, quei meravigliosi occhiali “a gatto”, che usava Marilyn Monroe (eccoli di nuovo, in eterna retrologia). Dall'haute couture si staccava una corrente più pratica, il pret-à-porter per il mercato di massa: preludio alle mode spontanee dei giovani e delle loro tribù, nate proprio negli anni 50 e per ragioni non solo estetiche: arrivavano gli elettrodomestici che facevano risparmiare tempo, che così diventava “libero”. Soluzione: abiti molto pratici, tra Grease e Nando Mericoni. Le ragazze usavano calzini corti al posto delle calze di nylon e si preparavano ad infilare i “jeans”, originari di Genova: l'ideale per infilarsi nella 500 e volar via, al mare o soltanto al parcheggio della megaditta. Comunque verso un domani perenne.
Di quegli anni '50 targati 500 è rimasta una profonda, a volte incognita, sempre celeste nostalgia.

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